"AUDREY A ROMA", MOSTRA OMAGGIO ALLA HEPBURN
- I PROVENTI DESTINATI AI BAMBINI MALNUTRITI IN CIAD -
di Enrico Stella
E’ uno degli eventi più attesi dell’autunno romano e non interesserà soltanto l’esercito di estimatori di Audrey Hepburn: si prevede infatti un eccezionale afflusso di pubblico, compresi i turisti che affollano la Capitale. Dal 26 ottobre, fino al 4 dicembre, il Museo dell’Ara Pacis, luogo di particolare suggestione monumentale, ospiterà una speciale mostra, con una documentazione assolutamente inedita, dedicata alla grande, amatissima attrice. “E’ un omaggio che dovevamo tributarle già da alcuni decenni - afferma Dino Gasperini, assessore alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma - L’indimenticabile star hollywoodiana è stata per almeno un ventennio nostra concittadina e ha interpretato a Cinecittà Vacanze romane, Guerra e pace, e La storia di una monaca. Ma il rapporto tra Audrey Hepburn e Roma è in realtà molto più profondo e intimo. E’ la sua città di elezione e adozione, dove la diva ha deciso di diventare terrena, cercando quella tranquillità che solo Roma con le sue bellezze eterne può concedere”.
Audrey a Roma è promossa dallo stesso Assessorato e dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali, con il concorso dell’Audrey Hepburn Children’s Fund, dell’Unicef e del Club Amici di Audrey. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura. Già da alcuni anni Luca Dotti, secondogenito dell’attrice, accarezzava l’idea di questo evento, finché l’assessore Gasperini non si è innamorato del suo progetto, appoggiandone con forza la realizzazione nel cinquantenario di Colazione da Tiffany, la cui proiezione, in veste restaurata, chiuderà, il 4 novembre, il Festival Internazionale del Film di Roma. Curatore della mostra è lo stesso Luca Dotti, validamente affiancato da Ludovica Damiani, Sciascia Gambaccini, Guido Torlonia, con la consulenza di Sava Bisazza Terracini.
Le innumerevoli pubblicazioni dedicate alla Hepburn ci hanno abituato a vedere soprattutto immagini della diva in posa, sul set dei suoi film. All’Ara Pacis conosceremo anche un’altra Audrey, quella autentica e spontanea di tutti i giorni: 140 scatti inediti che la colgono di sorpresa, lontana dai riflettori, in momenti di vita quotidiana nella Capitale: a passeggio con i suoi cani; a fare la spesa nelle botteghe romane; insieme a Mel Ferrer, ai Musei Capitolini; con i due figli e col secondo marito Andrea Dotti; in partenza o in arrivo all’aeroporto… Le foto provengono dagli Archivi di Reporters Associati, Photomasi, Istituto Luce e Kobal Collection.
Uno spazio sarà dedicato alle immagini custodite nell’archivio Unicef che documentano i viaggi della Hepburn tra i bambini di Bangladesh, Vietnam, Somalia, Sudan, Etiopia ed America Latina.
Tra gli oggetti personali esibiti alla mostra non potrà figurare il leggendario “tubino nero” disegnato da Hubert de Givenchy, venduto all’asta per beneficenza nel 2006 (410.000 sterline). Ammireremo abiti e accessori creati dallo stesso Givenchy, da Valentino e da altri stilisti, secondo la moda di quel periodo, indossati da Audrey durante il soggiorno romano. Verrà anche proiettato un video esclusivo con sequenze girate in famiglia.
Dal 25 ottobre sarà in libreria un volume fotografico, edito da Mondadori, che prende il titolo dalla mostra, “Audrey a Roma”, a cura di Ludovica Damiani e Luca Dotti, con testi di Sciascia Gambaccini; vi sono raccolte 200 istantanee che ritraggono l’attrice nella vita privata. La sua permanenza a Roma più continua e prolungata è della prima metà degli anni ’70, dopo il secondo matrimonio, quando, rifiutando ogni impegno di lavoro, si dedicò interamente ai suoi cari. Infatti riteneva che l’attività di attrice avrebbe defraudato marito e figli dell’attenzione che meritavano. Così al mattino si alzava presto per dare da mangiare al piccolo Luca, preparare la colazione per gli altri, accompagnare il primo figlio a scuola. Non di rado, quando Andrea Dotti, psichiatra, era di guardia notturna in clinica, gli portava un piatto di suo gradimento e cenava insieme a lui. Andrea, allegro ed estroverso, nei momenti di libertà amava circondarsi di amici e andare a divertirsi, mentre lei, introversa e incline alla tristezza, preferiva fare lunghe passeggiate e guardare gli alberi, i fiori, il cielo, cercando di sfuggire agli onnipresenti paparazzi. Intanto tra il primogenito Sean, figlio di Mel Ferrer, e il fratellino Luca, nato dieci anni dopo, si era stabilito un legame affettivo profondo che è all’origine dell’attuale, intensa collaborazione. Oggi Luca ricorda così la madre: “Era una macchina da guerra, una macchina da corsa che non si fermava mai. Recitare era una passione, ma era anche una parte minima della sua vita. Diventare mamma fu un impegno altrettanto importante. Con l’Unicef riuscì a unire le due cose: seguì il cuore e il suo amore per i bambini, e tornò sul set per promuovere progetti di lotta alla malnutrizione nei paesi poveri. Questa mostra vuole restituire tutte le tre storie di Audrey: l’attrice, la mamma e l’ambasciatrice. Ringrazio mamma perché il ricordo del suo sorriso apre ancora tantissime porte”.
L’integrazione del prezzo del biglietto della mostra, i diritti d’autore del libro, i proventi della proiezione del restauro di Colazione da Tiffany finanzieranno una rete di 32 Centri Nutrizionali nella Regione di Lac, in Ciad, dove i bambini malnutriti ricevono alimenti terapeutici e cure sanitarie grazie a un progetto dell’Unicef sostenuto dal Club Amici di Audrey. Il Club unisce un gruppo di grandi donatori ed è nato nel novembre 2010 per volontà di Sean Hepburn Ferrer e Luca Dotti che, dopo la morte della mamma, operano in perfetta sintonia per proseguirne la preziosa missione umanitaria.
Audrey fu nominata Ambasciatrice di Buona Volontà dell’Unicef all’inizio del 1988, e in aprile fece il suo primo viaggio in Etiopia. Subito dimostrò di essere più attiva e valida di altri volontari e di seguire un metodo personale vincente. Prima di partire si documentava scrupolosamente sul paese che avrebbe visitato, sugli eventi trascorsi, sui problemi attuali; poi scriveva o telefonava ai colleghi del quartier generale per porre quesiti e ottenere tutte le informazioni che riteneva necessarie o utili. Non amava farsi preparare i discorsi, ma li scriveva da sé, o modificava, secondo le proprie convinzioni, bozze e scalette provenienti dagli uffici di New York. Negli archivi centrali dell’organizzazione si conservano centinaia di pagine di suoi appunti, discorsi, citazioni di articoli e libri, domande rivolte agli esperti. Nei congressi era sempre pronta a rispondere, perfino a difficili domande politiche. L’eco di ammirazione e consenso nei suoi riguardi giungeva ai vecchi colleghi di lavoro, attori e registi. Rex Harrison, suo partner in My Fair Lady, ricordava che Audrey, cresciuta in Olanda durante la guerra e la prolungata occupazione nazista, soccorsa poi dalla Croce Rossa e dall’Unrra, capiva l’urgenza della fame e della privazione in modo immediato, personale. La sua opera mirava soprattutto alla raccolta di fondi per combattere la malnutrizione infantile, sostenere le campagne di vaccinazione (si batteva per sconfiggere la poliomielite) e dare a tutti la possibilità di bere acqua pulita
Parlava degli effetti devastanti, anche mortali, della carenza di vitamine: sarebbero bastati 84 centesimi all’anno, il costo di due compresse di vitamina A, per impedire ad un bambino di diventare cieco. Nei cinque anni che precedettero la sua prematura scomparsa, avvenuta nel 1993, Audrey fu il volto dell’Unicef in tutto il mondo e non si risparmiò mai, neanche quando le prime, oscure avvisaglie della malattia cominciarono ad affliggerla: visitò diecine di progetti in Africa, America Latina e Asia. L’ultimo viaggio fu in Somalia, colpita anche allora, come oggi, dalla carestia; ne tornò sconvolta: “sono stata all’inferno!”
Il figlio Sean, autore di una toccante biografia, Audrey Hepburn - Un’anima elegante, scrive: “Se mi volto a guardare alla vita di mia madre e a tutti i suoi successi, ciò di cui vado più orgoglioso è il contributo che ha dato alla nostra società con il suo lavoro per l’infanzia”. E il testamento spirituale di Audrey è in queste parole: “Ho ricevuto moltissimo dalla vita e sono contenta di restituire un po’ dell’amore che mi è stato donato. Io ho fatto tutto quello che ho potuto; ora tocca a voi: aiutate questi bambini, non lasciateli soli”.
Foto: Audrey Hepburn – Roma, 1960 Pierluigi Praturlon © Reporters Associati