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DAL 2 MARZO: EXTRAVANGUARDIA 2

La necessità della pittura e il suo valore

Curatore: Gianni Garrera - Luogo: MAC - Museo d’Arte contemporanea di ANAGNI - Responsabile artistico: Alberto Molinari - Convitto “Principe di Piemonte” Viale Giacomo Matteotti, 2 – 03012 ANAGNI - tel +39 077573491 - Data dell’inaugurazione: Sabato 2 Marzo 2019 - ore 16 - Fine mostra: 30 Marzo 2019 - Orario: tutti i giorni h.10 - 12; h.16 - 19 – chiuso il lunEDI - In collaborazione con: Silber Gallery - Italarte - Artisti: Carlo Cordua, Antonio Del Donno, Antonio Dentale, Fabio Ferrone Viola,Alexander Jakhnagiev, Michele Longo, Danilo Maestosi, Roberto Schiavone, Corrado Veneziano - Grafiche dei seguenti artisti:Gianni Bertini, Claudio Costa, Plinio Mesciulam, Mimmo Rotella, Sergio Sarri, Gianni Stirone, Rodolfo Vitone

14extravanguardia19Seconda esposizione del ciclo di mostre dedicato all'esplorazione di autori e di opere, al fine di rilevare una genealogia di pitture e pittori italiani e distinguere ulteriori ascendenti e discendenti. Il primo capitolo di questa serie di esposizioni era stato scritto alla Silber gallery di Roma.

L'avanguardia, di regola, non dovrebbe avere analogie storiche, anzi, rinuncia alla genealogia. Come è stato scritto: gli ultimi cento anni di storia dell'arte non sono determinanti e non costituiscono una tradizione entro cui operare. Allora essere fuori dell'avanguardia significa accettare genealogie, parentele, affinità. Verrebbe da sollevare la vecchia questione sul problema degli antenati dell'artista, dei suoi progenitori estetici. Ognuno porta su di sé le esperienze di poetiche, ereditate anche senza bisogno di contatto e di comune formazione. Esporre le tracce di analogie significa anche semplicemente individuare delle somiglianze e offrire delle prove da cui un vero genealogista potrà ricavare una storia dell'arte italiana in tutte le sue ramificazioni, anche più peregrine.

L'altro aspetto della mostra è la questione del valore: si può sondare il senso di un'opera, come faceva la psicanalisi, senza mai bisogno di indicare o di sapere se sia buona o cattiva arte? Allo studio dell'arte non è pertinente la questione del valore, la penetrazione dell'opera d'arte non porta alla sua valutazione né alla distinzione tra l'artista ordinario e l'artista geniale. La cosa più imbarazzante resta il disagio nei riguardi della fortuna dell'artista.

Si racconta che Cézanne, davanti alle Nozze di Cana di Veronese, avesse affermato che l'acqua viene tramutata in vino come il mondo viene tramutato in pittura.

La natura e il mondo non sono che acqua, per tramutarle in vino bisogna dipingerle. Ma anche un miracolo pittoresco del genere, presuppone fede, pertanto il dipingere richiede fede prima ancora che opere. Se, seguendo una legge più apostolica che estetica, si giudicasse un artista non dalle opere ma dalla fede o dall'ostinazione che ha nella pittura, avremmo un criterio, per quanto balordosecondo il quale bisognerebbe escludere il principio della fortuna, delle valutazioni e mantenere solo quello ingenuo della fede. Pertanto si costruirebbe una mostra di pittura secondo la giustificazione che viene dalla credulità prima di tutto e non dalle opere. Ne consegue che la scelta dei pittori di una mostra dovrebbe attenersi al principio che a giustificare la pittura debba essere la fede che se ne ha.

Questa fede implica, a livello operativo, l'aderire primario alla pittura stessa, il non ricorrere a surrogati, a processi, a soluzioni plagali, né a valori extrartistici, ma l'affidarsi ellittico al solo tingere, non contare nemmeno sulla mimesi, l'opera non ha bisogno di relazionarsi con una realtà, in questo senso si costituisce un capitolo di storia asociale dell'arte. La mostra affronta una linea di arte rappresentativa che si pone ancora come omaggio prevalentemente contemplativo, pertanto non adotta né abbraccia poetiche attive né di relazione. Pur in un'aura d'astrazioni, non viene data per necessaria la rinuncia alla figurazione, anzi, Sedlmayr la definirebbe una quasi-astrazione o arte astratta con un significato, perché non si compie il distacco totale dall'esperienza della natura e del mondo. In prevalenza permane una relazione fantastica o fiabesca con la figuratività, come se ad ogni dipinto l'artista ci raccontasse la favola che "C'era una volta la pittura".

La pittura è la stessa speranza (Flaubert la definirebbe il cuore semplice dell'arte) che deve essere senza impazienza, senza presunzione, deve tendere ad essere significante di per sé e indipendente dalle cose e dai risultati, non deve essere invidiosa, non deve vantarsi, non cercare il proprio interesse, non tenere conto della sfortuna, anzi, dovrebbe credere che il dipingere "tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta". Completa e fa da appendice alla mostra l'esposizione di una serie di grafiche d'autore. All'interno della rivelazione di speciali percorsi artistici, il ricorso alla grafica è dettato dall'esigenza di porre nuovamente l'attenzione sul valore del lavoro grafico nell'arte moderna e contemporanea, soprattutto quando la grafica è adottata dall'artista per realizzare in quel medio un suo lavoro che non potrebbe comunque essere espresso diversamente, se non attraverso soluzioni tecniche di riproduzione. Nel caso della nostra mostra, l'esposizione di grafiche è un'indicazione estetica ed etica di riappropriazione di un genere, di considerazione di una soluzione espressiva riconsegnata alla piena luce di una mostra.